Le imprese verso la prima dichiarazione di sostenibilità: ecco tutti gli obblighi

Le imprese verso la prima dichiarazione di sostenibilità: ecco tutti gli obblighi


 

Incombono le scadenze di fine anno per imprese e società. E con l’esercizio finanziario 2024, entreranno in vigore gli obblighi di rendicontazione sulla sostenibilità che si concretizzeranno con la prima dichiarazione di sostenibilità, da pubblicare nel 2025 per le imprese già soggette alla Non-Financial Reporting Directive, grandi società quotate, banche e imprese assicurative con più di 500 dipendenti, nonché grandi società quotate extra UE con più di 500 dipendenti e filiali in UE.

 

Altre grandi società e società quotate extra UE sono tenute ad adottarla dall’anno finanziario 2025, con prima dichiarazione di sostenibilità pubblicata nel 2026. Mentre le PMI quotate (comprese le PMI quotate extra UE), invece sono tenute all’adozione della rendicontazione sulla sostenibilità dall’anno finanziario 2026, con la prima dichiarazione di sostenibilità pubblicata nel 2027. Tuttavia, le PMI quotate possono decidere di prorogare gli obblighi di rendicontazione per altri due anni.

 

Non c’è molto tempo per attrezzarsi al meglio, almeno per i soggetti obbligati già a partire dai prossimi mesi che ancora non l’abbiano fatto, ma sarebbe un errore anche cullarsi sulle altre scadenze di un calendario largo e non provvedere, già da subito, ad una serie di adempimenti la cui adozione conviene in termini di marketing e di finanza che spiegherò dopo.

 

Del resto, non dimentichiamo che sono già in vigore da sei anni, gli obblighi derivanti dal Decreto Legislativo 30 dicembre 2016, n. 254 che, dando attuazione della direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014 (recante modifica alla direttiva 2013/34/UE), ha introdotto la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (DNF) per talune imprese e taluni gruppi di grandi dimensioni. La DNF prevede l’obbligo di fornire quelle informazioni societarie e aziendali che riguardano: a) Questioni ambientali; b) Questioni sociali e trattamento dei dipendenti; c) Rispetto dei diritti umani; d) Anticorruzione e concussione; e) Diversità negli organi aziendali (in termini di età, genere, percorso formativo e professionale). Attraverso il D.L.254/2016.

 

Il legislatore ha allineato quindi i temi ambientali ai principi di Corporate Social Responsability ossia alle linee guida dell’OCSE sulle imprese e i diritti umani.

 

Sono due gli asset che devono essere rendicontati e possono essere comunicati: le azioni in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile e la propria green reputation.

 

Gli obblighi e gli adempimenti (ma anche le opportunità) previsti per le attività finalizzate alla redazione della DNF, non sono dissimili da quelli per i report di sostenibilità ESG.

 

La Dichiarazione non Finanziaria è essenzialmente un documento legato ai principi della finanza sostenibile di derivazione comunitaria. È, dunque, l’applicazione del concetto di sviluppo sostenibile (modello di sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri) all’attività finanziaria. Si rivolge agli operatori finanziari (investitori e fornitori di capitali in genere) per sostenere le decisioni relative ad investimenti.

 

I report di sostenibilità ESG sono, invece, rivolti a tutti gli stakeholder dell’azienda, traducendosi in una metodologia di attività aziendale ispirata alla trasparenza e all’apertura all’esterno, per sostenere e rafforzare un posizionamento sul mercato caratterizzato dagli impegni nei confronti dell’ambiente e della società. Le due finalità si completano vicendevolmente così come le norme che li disciplinano, insieme, senza particolari distinzioni definitorie.

 

In secondo luogo, la finanza che svolge naturalmente un ruolo fondamentale nell’ambito DNF e si riferisce in particolare ai fattori legati alla misurazione della sostenibilità e dell’impatto sociale di un’impresa o di un investimento. Nello specifico il mondo finanziario guarda agli standard ESG come a una fonte di informazioni e di conoscenza che permette di raggiungere vari obiettivi.

Per il settore finanziario è fondamentale fornire il capitale necessario a sostenere progetti e imprese che rispettino i criteri ESG e in questo ambito sono compresi ad esempio gli investimenti in energie rinnovabili, in infrastrutture sostenibili, in tecnologie pulite e a tutte quelle iniziative che contribuiscono alla sostenibilità ambientale, al benessere sociale e a una buona governance.

Valutazione del rischio. I fattori ESG permettono di disporre di una maggiore conoscenza dei rischi finanziari: le aziende che non gestiscono adeguatamente i loro impatti ambientali sono esposte a maggiori rischi, sia dal punto di vista ambientale sia in termini di rischi legali o legati all’operatività o alla reputazione. La valutazione dei fattori ESG è un aiuto per una valutazione più accurata di questi fattori di rischio.

Il settore finanziario può promuovere la sostenibilità anche attraverso lo sviluppo di prodotti finanziari ESG specifici come i green bond, come i fondi di investimento ESG o come altre formule di investimento che tratteremo più avanti in questo servizio.

La possibilità di accedere a finanziamenti agevolati e di attrarre investimenti fa sì che anche aziende non obbligate alla rendicontazione non finanziaria si stiano adeguando a fornire dati relativi al loro impegno in termini di sostenibilità aziendale, attraverso i bilanci di sostenibilità, orientati dagli standard ESG e forniti su base volontaria.

 

Fonte: https://www.agendadigitale.eu/smart-city/le-imprese-verso-la-prima-dichiarazione-di-sostenibilita-ecco-tutti-gli-obblighi/

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