Si può percepire la Naspi anche se possessori di Partita Iva?

Nell’attuale contesto economico (dove una sola attività non è più sufficiente ad arrivare a fine mese), una domanda frequente tra gli imprenditori, i lavoratori autonomi e i liberi professionisti è se sia possibile percepire la NASPI, l’indennità di disoccupazione, mantenendo contemporaneamente una Partita IVA attiva. Tale interrogativo è particolarmente frequente in chi, nonostante l’attività intrapresa in modo autonomo, aveva in precedenza anche un contratto di lavoro dipendente e ha perso il posto a seguito di licenziamento o dimissioni per giusta causa (solo in questi casi infatti spetta la Naspi). Ecco che allora sorge la domanda:

chi ha la Partita IVA può percepire la disoccupazione? 

E che succede se, al momento della presentazione della domanda per la Naspi, il disoccupato cela all’ufficio dell’Inps il fatto di svolgere già un’attività di lavoro autonomo? Questa reticenza può determinare la perdita del trattamento economico e un’eventuale richiesta di restituzione delle somme già percepite? Di tanto si è occupata una recente ordinanza della Cassazione.

 

Si può avere una Partita Iva e la Naspi?

Chi possiede una Partita IVA può accedere alla NASPI purché il reddito annuale generato dalla propria attività imprenditoriale o professionale non superi 4.800 euro lordi annui. All’avvicinarsi di tale limite, la Naspi si riduce proporzionalmente. In particolare, la legge prevede che:

  • se, nonostante la Partita Iva, non si genera alcun reddito, si ha diritto al 100% della NASPI;
  • se, con la Partita Iva, si genera un reddito non superiore a 4.800 euro lordi annui, si riceve solo il 20% della NASPI;
  • oltre 4.800 euro lordi all’anno, si perde la NASPI.

 

Bisogna comunicare all’Inps che si ha la Partita Iva?

Un aspetto da considerare è la corretta comunicazione all’INPS del proprio status di lavoratore autonomo, la titolarità di una Partita Iva e l’eventuale percezione di un reddito.

La Cassazione, con l’ordinanza n. 11543/2024, ha affrontato il caso di un rifiuto di NASPI a un assicurato che non aveva dichiarato, entro trenta giorni dalla domanda, il proprio impegno in un’attività autonoma e il reddito da essa derivante.

Come abbiamo visto, la legge stabilisce che chi intraprende un’attività autonoma durante il periodo di percezione della NASPI perde il diritto all’indennità. Il termine “intraprendere” è interpretato in senso ampio, riferendosi non solo all’avvio di una nuova attività, ma anche a quella dell’applicarsi con maggiori energie e per un maggior tempo che per il passato, come anche già chiarito da precedenti della stessa Cassazione (cfr. sent. n. 5951/2001).

Questa interpretazione mira a prevenire l’accumulo di benefici economici incompatibili, garantendo che l’indennità di disoccupazione sia destinata a chi si trova effettivamente in uno stato di bisogno temporaneo e non a chi già dispone di fonti di reddito significative.

Pertanto, la decisione dell’INPS di negare la NASPI è stata confermata dalla Cassazione come una misura legittima, coerente con la regolamentazione dell’incompatibilità tra lavoro autonomo e percezione di indennità di disoccupazione.

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